CARI TIFOSI, MA CHE "COMPORTAZIONE" E' QUESTA?! EPPURE, PER L'ARMISTIZIO... BASTEREBBE POCO

Assistiamo ad un'altra beffarda giornata, in cui le responsabilità dei propri errori vengono ancora una volta rovesciate verso i propri sostenitori
31.03.2025 15:00 di  Pasquale Riganello   vedi letture
Checco Zalone
Checco Zalone
© foto di ansa.it

José Marti amava scrivere: "Fare resta il miglior modo di dire. La gratitudine, come certi fiori, non cresce in alta quota e rinverdisce meglio nella terra buona dell'umiltà."

Ci piace partire da qui, per analizzare l'ormai evidente "guerra", non poi così tanto fredda, tra la tifoseria e la proprietà del Cosenza Calcio.

Si perché ormai si fa fatica a trovare un tifoso che non sia contrariato, deluso, sfiduciato o che non si senta ingannato da questa gestione societaria, tanto da non riuscire più a nasconderlo.

Allora qualcuno dovrebbe chiedersi perché, il cuore pulsante del tifo, non entri nel settore se non prima del 30' ed assista alla partita, non più per incitare la squadra, ma per ricordare al loro presidente che non è più accettato come tale, invitato a fare spazio a nuovi imprenditori che abbiano passione, amore e senso di responsabilità, che siano capaci di trattare il club che rappresentano e gestiscono, con "la diligenza del buon padre di famiglia", espressione che ritorna spesso in giurisprudenza, in merito agli adempimenti contrattuali, i quali devono essere effettuati con lealtà, impegno, rigore ed onestà. 

La diligenza, in particolare, consiste nello svolgere la propria attività lavorativa in maniera scrupolosa, ma anche nell'eseguire i comportamenti accessori, strumentali ad un'utile prestazione.

Eppure, nella giornata di ieri, assistiamo ad un altro comunicato beffardo da parte della società, in cui viene stigmatizzato il comportamento bellicoso degli ultras, ritenuto travalicante dei limiti della civile protesta e capace di "creare una situazione di pericolo per l'incolumità delle persone presenti sugli spalti e a bordo campo, ha arrecato disturbo e timore ai minori presenti, costretti in alcuni casi ad abbandonare lo stadio".

Praticamente un modo carino, per dirla alla Zalone maniera: "Tifosi, ma che comportazione è questa?!"

Come se non si fossero mai visti petardi ed altre tipologie di fuochi pirotecnici in un campo da calcio, non serve ricordare che da mesi assistiamo ad un Cosenza Calcio capolista solitario nella classifica delle multe comminate dalla Lega B.

Quanto ai minori costretti a lasciare lo stadio, sfidiamo chiunque a resistere a cotanta frustrazione accumulata e a non sentirsi mortificati da una partita già sepolta dopo 40 minuti, con 3 goal sul groppone e ridotti in 9 contro 11.

Ebbene, vista come è partita la stagione, con la penalizzazione (che incide maledettamente nelle speranze salvezza) ad agosto per aver bucato la scadenza federale, fino ad allora unica vera medaglia portata sul petto, nel corso degli anni da questa società, visto e considerato che un DG assunto a luglio dopo praticamente 14 anni, lascia con 2 righe e nessuno si preoccupa di chiarire motivi e prospettive sul progetto naufragato dopo poche settimane, viste le polemiche deflagrate sui mancati pagamenti degli emolumenti della scorsa stagione agli steward, considerato inoltre che il settore giovanile non ha un campo di allenamento fisso, mentre la prima squadra è costretta ad allenarsi su un terreno non adatto come il Sanvitino, ricordando soprattutto che da fine dicembre la società ha censurato la tifoseria sui social, vietando ogni commento sotto i post del Cosenza Calcio, probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, allora forse per una volta, sarebbe il caso di chiedere scusa, di ammettere i propri errori, le proprie negligenze e  dimostrare di voler fare per una volta un passo nella direzione dei primi azionisti di un club.

Perché se errare è umano e perseverare diventa semplicemente diabolico, ricordiamo che nel perdono c'è sempre un'inclinazione dall'alto verso il basso, che impedisce una relazione alla pari. Ma quando si dice "Mi dispiace, chiedo scusa", con umiltà...beh allora stai di fronte. E conservi la tua dignità, solo così l'altro può avvicinarsi a te più facilmente.

Ma probabilmente dalle parti di Viale Magna Grecia, qualcuno ha visto troppo spesso il film "L'avvocato del Diavolo" del 1997  di Taylor Hackford, in cui John Milton rappresentato da Al Pacino si rivolge a Kevin Lomax (interpretato da Keanu Reeves) così: "La libertà figliolo, significa non dover mai chiedere scusa".

Dal canto nostro, suggeriamo di scendere a più miti consigli, poiché chiedere scusa non è solo questione di intelligenza, indica quanto chi lo compie con sincerità abbia capacità di autocritica, l'umiltà di ammettere i propri limiti e l'opportunità di mettersi nuovamente in gioco.

Poiché la forza non.è sempre nella ragione, ma nel saper ammettere le proprie responsabilità di fronte alle sentenze emesse dalla realtà.