Cosenza, il segreto è un gruppo che si ama. E ora la città ricomincia a crederci
Più della vittoria, più dell’ennesimo gol di un Mazzocchi che sta attraversando la stagione migliore della sua carriera, più delle giocate ordinate di Florenzi o dell’equilibrio tattico che Buscè ha saputo costruire passo dopo passo, ciò che colpisce davvero del Cosenza è l’unità del gruppo.
Un’unità che si vede. Che si percepisce. Che si tocca con mano.
L’esultanza dedicata a Baldovino Cimino, costretto a chiudere la stagione in anticipo, non è un gesto casuale né costruito: è la prova evidente di un legame autentico, di uno spogliatoio che si stringe, che si sostiene, che soffre insieme.
Difficile prevedere se i rossoblù riusciranno a reggere fino a gennaio con una rosa così corta e un organico che chiede rinforzi. Ma nel presente c’è una verità semplice: il Cosenza sogna perché vuole sognare. Non perché glielo impongono, non perché lo considera un obbligo, ma perché ha finalmente trovato la forza di crederci davvero.
E qualcosa, lentamente, sta cambiando anche fuori dal campo. Nonostante le ferite, i silenzi, i distacchi profondi, una parte di pubblico sta ricominciando a farsi trascinare. La squadra è l’unica realtà che prova davvero a ricucire lo strappo tra città e colori rossoblù, anche quando gioca al “San Vito-Marulla”, un impianto che per troppo tempo ha riflesso più divisioni che passione.
Il Cosenza non è perfetto. È corto, è fragile, è incompleto.
Ma è vivo, e soprattutto unito. E in un campionato dove l’equilibrio fa la differenza, questo può valere più di qualsiasi acquisto.
