Cosenza in C: Guarascio tace e non si assume alcuna responsabilità

La retrocessione aritmetica del Cosenza Calcio in Serie C non è stata uno shock per la città. Nessun colpo di scena, nessuna fiammata dell’ultimo minuto. Solo consapevolezza. Una lucidità amara, figlia di anni di delusioni, promesse disattese e stagioni vissute sul filo del rasoio.
A Bolzano, contro lo stesso Sudtirol affrontato nel 2018 nella finale playoff di Serie C, si è chiuso simbolicamente un cerchio lungo sette anni. Allora fu festa: 20.000 cuori rossoblù sognavano e conquistarono la Serie B. Oggi è calato il sipario: la squadra torna nel limbo della Lega Pro, senza applausi, senza lacrime, senza voce.
Una fine annunciata, ma comunque dolorosa
Non serve il dramma per raccontare una caduta. A volte è il silenzio a fare più rumore, e Cosenza oggi tace, delusa ma non sorpresa. I segnali erano chiari da tempo: una stagione stentata, una società immobile, una tifoseria stanca di crederci.
Eppure, anche nella rassegnazione, c’è spazio per la dignità. Quella di una città che avrebbe meritato di più.
Il silenzio della società: un'assenza che pesa
A ore dalla retrocessione, il presidente Eugenio Guarascio non ha ancora rilasciato dichiarazioni. Nessuna assunzione di responsabilità, nessuna parola rivolta alla città o alla tifoseria. Un vuoto comunicativo che vale come un’ulteriore sconfitta, forse la più amara.
Il Cosenza torna in Serie C, ma a preoccupare non è solo la categoria. È il senso di abbandono istituzionale, l’assenza di una visione, il timore che il passato torni a farsi presente.