Cosenza-Cesena, fine di un incubo: tra razzi, silenzio e contestazione il futuro del club è un rebus

Un’altra serata da dimenticare per il Cosenza Calcio, che chiude nel peggiore dei modi la sua ultima apparizione casalinga in Serie B. Al “San Vito-Marulla”, svuotato nel cuore e nelle presenze, i rossoblù cedono di misura al Cesena, ma il risultato passa in secondo piano di fronte a una situazione che ormai ha superato i confini del campo.
Nonostante la matematica retrocessione e un ambiente sfiduciato, i tifosi non hanno fatto mancare la propria voce — o meglio, la propria protesta. Con lo stadio praticamente deserto e un silenzio tombale rotto solo dai cori e dalle esplosioni provenienti dall’esterno, la partita è stata interrotta due volte nel primo tempo a causa del lancio di razzi e fumogeni, provenienti dalla zona della Curva Sud Bergamini. L’arbitro Prontera ha dovuto sospendere il gioco per oltre dieci minuti, testimoniando in modo plastico il clima esplosivo attorno alla società.
La vera partita, però, si gioca lontano dal rettangolo verde. Il presidente Eugenio Guarascio, sempre più isolato e contestato, è al centro di una tempesta senza tregua. Da settimane si parla di una possibile cessione del club, con lo stesso patron che ha lasciato intendere l’esistenza di trattative avanzate. Ma i fatti dicono altro: la pista Citrigno si è raffreddata, i rapporti con il Comune di Cosenza si sono irrigiditi, e l’intero ambiente appare impantanato in uno stallo senza via d’uscita.
Servirebbe ora un gesto concreto, un’apertura reale e trasparente verso un futuro diverso. Il quotidiano locale lo ha sottolineato con forza: Guarascio e il sindaco devono sedersi a un tavolo e discutere del futuro del club, coinvolgendo la tifoseria e la stampa con chiarezza e responsabilità.
La città di Cosenza merita ben altro. Merita rispetto, merita dignità. E merita di ripartire su basi nuove, dopo stagioni di frustrazioni, umiliazioni e promesse rimaste sospese nel vuoto. Non c’è più tempo da perdere.