Cosenza, la fine inevitabile: la fortuna è finita, l’approssimazione resta

Dopo anni di salvezze al limite e gestione fragile, il Cosenza retrocede in Serie C. La fortuna ha smesso di sorridere e il conto dell’approssimazione è arrivato.
05.05.2025 19:00 di  Stefano Bentivogli   vedi letture
Cosenza, la fine inevitabile: la fortuna è finita, l’approssimazione resta
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© foto di Giuseppe Scialla

Cosenza, questa volta non è bastato. E la verità fa male.

È finita. Senza sorprese, senza drammi, quasi senza reazione. Il Cosenza Calcio saluta la Serie B, e lo fa come ha vissuto gli ultimi anni: aggrappato al nulla, sperando nella sorte, con la speranza che qualcosa o qualcuno, all’ultimo, aggiustasse tutto. Ma stavolta la fortuna ha girato lo sguardo altrove. E quando succede, resta solo l’approssimazione.

La fine di una sopravvivenza spacciata per progetto

Perché questo non è solo un crollo sportivo. È la resa di un’illusione, quella che bastasse sopravvivere per esistere. Che fosse sufficiente restare in B per dire che si stava costruendo qualcosa. Ma in realtà, non si è mai costruito nulla.

La gestione targata Eugenio Guarascio è andata avanti per anni a colpi di silenzi, rattoppi, playout e mezzi miracoli. Ogni stagione era un salto nel buio. E ogni volta, un episodio favorevole, una svista avversaria, una partita salvata all’ultimo, regalava ossigeno.

Ossigeno sprecato.

La fortuna non vede. E prima o poi colpisce

La dea bendata, come la chiamano, ha il vizio di non guardare in faccia nessuno. Ha aiutato il Cosenza nel 2021, nel 2022, nel 2023. Poi ha cambiato bersaglio. E ha colpito. Non con ferocia, ma con giustizia.

È finita nel 2025. Ma sarebbe potuta finire molto prima. Perché nulla è mai stato risolto: né a livello tecnico, né organizzativo, né comunicativo. Il Cosenza ha galleggiato. E il galleggiamento, prima o poi, ti stanca.

Alvini e i giocatori, vittime di un sistema malato

Dispiace, certo. Dispiace per Massimiliano Alvini, arrivato in corsa, lasciato solo, con un altro anno di contratto e senza strumenti reali per incidere. Dispiace per alcuni giocatori, finiti in un contesto senza protezione, né prospettiva. Ma la responsabilità non è loro.

La responsabilità ha nomi, cognomi, indirizzi. E non si può più far finta di nulla.

Un miracolo durato fin troppo

È quasi incredibile che il Cosenza sia rimasto così a lungo in Serie B. Non perché non lo meritasse sul campo – a tratti sì – ma perché non aveva nulla dietro a reggerlo. Nessun progetto, nessuna identità, nessuna ambizione vera.

Ora è arrivato il conto. Un conto salato, meritato, che mette fine a una farsa che durava da anni. Il problema è che la Serie C non è più la terra promessa dove si riparte: è un inferno, se non hai idee. E il Cosenza, oggi, di idee non ne ha nemmeno una.