Cosenza, anni di sofferenza e un distacco sempre più profondo con la città

Dalla Serie B conquistata con fatica al crollo attuale: il vero dramma del Cosenza è il solco che si è creato tra squadra e città, non solo con i tifosi più accesi.
06.05.2025 16:30 di  Stefano Bentivogli   vedi letture
Cosenza, anni di sofferenza e un distacco sempre più profondo con la città
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Gli anni in Serie B, conquistati con sudore e sacrificio dopo decenni di peregrinazioni nei campionati inferiori, non sono stati affatto semplici. Anzi, a dirla tutta, sono stati anni segnati dalla sofferenza, spesso sfociata in salvezze all’ultimo istante – dentro e fuori dal campo. Una precarietà continua che ha logorato le aspettative e i sogni di una tifoseria che ambiva alla Serie A, traguardo mai raggiunto e che pesa come un macigno soprattutto in una grande realtà calcistica del Sud come quella cosentina.

Il simbolo di questi anni? Il gol di Meroni a Brescia all’ultimo secondo, che salvava un’intera stagione. Un momento da brividi, sì, ma che non può diventare la normalità per una piazza che merita e pretende di più.

Il fondo del barile e il vero problema: il distacco emotivo

Se il tracollo tecnico di quest’anno era intuito da tempo, ciò che oggi davvero preoccupa è il vuoto relazionale che si è creato tra la squadra e la città. Un distacco profondo, quasi strutturale, che coinvolge non solo gli ultras – sempre presenti e commoventi, anche nella lontanissima Bolzano, dove domenica un altro spicchio rossoblù ha colorato le tribune – ma anche quella parte di tifoseria “media”, silenziosa ma fedele.

Quella tifoseria che riempie le tribune, non solo le curve, che non va sempre in trasferta ma che segue con costanza, soffre e commenta. A Cosenza quella gente c’era. Era presente. Ma in questa stagione, qualcosa si è rotto. Come se città e squadra fossero diventate due mondi separati, distanti, incapaci di comunicare.

La sfida vera parte ora: ricostruire l’identità

Più della retrocessione, il vero nodo è questo: ricostruire un’identità condivisa, rinnovare un patto emotivo tra il Cosenza Calcio e la sua gente. Perché i campionati si possono vincere o perdere, ma senza una città alle spalle, senza passione autentica, nessun progetto può durare.

Riconnettere la squadra al cuore della città deve essere la priorità assoluta, al di là di chi sarà il presidente o il direttore sportivo. Solo così, dai cocci di una stagione disastrosa, potrà rinascere qualcosa di vero. Qualcosa che vada oltre il campo, e che riporti i “Lupi” ad essere, ancora una volta, il simbolo orgoglioso di un popolo.